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Ci ha lasciati Ennio Odino, Presidente del Comitato d'Onore del 75° Giro dell'Appennino

Si è conclusa a novant’anni, la “sua corsa a tappe”. Ennio Odino nacque a Borgata Alice, frazione di Gavi Ligure, in provincia di Alessandria l’8 giugno 1924, e si è spento in Belgio, dove risiedeva, il 13 dicembre 2014.

Fu ciclista professionista dal 1948 al 1952, e partecipò al Circuito dell’Appennino nel 1949 (con il dorsale 19 dell’Enal Ansaldo di Genova), nel 1950 (con il dorsale 80 della Dall’Orso di Genova), nel 1951 (con il dorsale 29), nel 1952 (con il dorsale 93 della Sampierdarenese, si classificò quarantunesimo, a 15’45” da Giorgio Albani, nella gara, valida quale terza prova del Campionato Italiano, nella quale Gino Bartali concluse 23° e Fausto Coppi 31°).

Di Odino ciclista gli annuari riportano anche, tra l’altro, nel 1951 l’ottavo posto nella Milano-Modena (con lo stesso tempo di Giorgio Albani), il 27° posto nel Giro del Lazio (a pari merito con altri, tra i quali Fausto Coppi, a 13'05" da Fiorenzo Magni), il 31° nella seconda tappa del Giro di Sicilia (Messina-Catania, vinta da Primo Volpi), il 52° nel Giro di Lombardia (a 7'54" da Louison Bobet), nel 1952 l’ottavo posto nel Tour du Lac Léman (vinto da Ferdi Kubler), il decimo nella Milano-Vignola (con il tempo di Antonio Bevilacqua), il decimo nella Milano-Modena (vinta da Antonio Bevilacqua), il 37° nella Milano-Sanremo (a 1'03" da Loretto Petrucci).

E’ stato il Presidente del Comitato d’Onore del 75° Giro dell’Appennino-Memorial Martiri della Benedicta, unico sopravvissuto all’eccidio. Raccontò egli stesso: “Alle tane del lupo fummo presi tutti: eravamo quasi duecento. Ci accompagnarono, con le mani alla nuca e in fila indiana, alla Benedicta. Arrivati lì, fummo immediatamente rinchiusi tutti, feriti e non, nella cappelletta. Il mattina successivo fummo chiamati a cinque per volta fuori dalla chiesetta, nel cortile interno della cascina. Ero il quinto del gruppo, e sulla destra scendendo, venti metri prima della piccola cappella, notai cinque di Serravalle, tutti imbrattati di sangue. Continuammo a scendere e arrivammo dov'è attualmente la cappelletta, notai alcuni bersaglieri, armati con dei moschetti. Ci fecero fermare e ci spararono addosso. Io dovevo sostenere un compagno che la sera prima, alle tane del lupo, era stato ferito ad un ginocchio. Questo fatto mi salvò. Caddi come altri a terra e il compagno che sorreggevo mi venne addosso e mi sporcò di sangue tutta la faccia. Rimasi lì immobile e sentii alcune raffiche fischiarmi alle orecchie: erano i colpi di grazia che un tedesco delle SS dava a coloro che si lamentavano per il dolore delle ferite subite. Fu il momento più terribile della mia vita. Dopo l’ordine di ritirarsi all'interno della Benedicta dato al plotone di esecuzione, aspettai qualche minuto, poi scivolai fuori, allontanandomi dai caduti, e salii attraverso il ruscello”. Odino, partigiano Crik, fu arrestato qualche giorno più tardi, e deportato nel lager nazista di Mauthausen-Gusen, dove ebbe il numero 63783. Aderì alla resistenza interna, organizzando sabotaggi alla catena di produzione dei carrelli degli aerei della Messerschmitt, partecipò alla liberazione del campo, che avvenne ai primi di maggio del 1945. Nel dopoguerra tornò alla vecchia passione per la bicicletta, partecipò a numerose competizioni, diventando non solo amico, ma anche segretario di Fausto Coppi. Sposato con la signora Suzanne Mercier, belga, si stabilì a Bruxelles diventando uno dei primi funzionari della Commissione della Comunità Europea. Presidente dell’A.N.P.I. in Belgio, ha pubblicato nel 2008 La mia corsa a tappe (Nº 63783 a Mauthausen)".

Nel 2001 in occasione del premio Appennino d’Oro assegnato alla memoria di Fausto Coppi, ritirato dai figli Marina e Faustino, l’U.S. Pontedecimo gli consegnò, insieme ad altri amici e gregari del campionissimo, un riconoscimento, nel Palazzo del Principe di Genova. A novant’anni compiuti da quattro giorni, non volle mancare alla presentazione ufficiale del 75° Giro dell’Appennino, che si tenne a Palazzo Ghilini in Alessandria, nella Sala del Consiglio Provinciale, dove prese la paralo ricordando sia le sue gare ciclistiche ma soprattutto la sua testimonianza sulla lotta di liberazione e le difficoltà del dopoguerra, nell’ottica europeistica di convivenza pacifica nell’affermazione dei valori di libertà e di democrazia.

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